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Per l'art. 3 del R.D. 7 giugno 1943, n. 651 (l'ultimo Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano), i titoli nobiliari sono in ordine decrescente: Principe, Duca, Marchese, Conte, Visconte, Barone, Nobile, nonché Signore, Cavaliere Ereditario, Patrizio e Nobile di determinate città. Per il secondo comma del medesimo articolo 3, a partire dal 1943, tali ultimi titoli non potevano essere più concessi ma soltanto riconosciuti agli aventi diritto se derivanti da antiche concessioni. In effetti i titoli di Signore e Cavaliere Ereditario (come anche quello di Visconte), non vennero mai conferiti dai Re d'Italia dopo l'unificazione.

          Il titolo di Principe deriva dal princeps romano che significava il primo tra tutti. Pertanto fu dato ai Sovrani; da questi passò ai loro primogeniti ed ai successori al trono. “Assieme a questi personaggi di primissimo piano, i Re avevano investito anche altri del titolo di principe, seppur meno cospicui, come ad esempio i grandi feudatari dell'Impero di Alemagna, che si intitolarono Principi del Sacro Romano Impero. Così anche in Italia ove alcuni grandi feudatari ebbero il titolo principesco” (MISTRUZI DI FRISINGA, op. cit. p. 112, nota 31). Secondo quanto dispone il R.D. 7 giugno 1943, n. 652 (l'ultimo Regolamento per la Consulta Araldica del Regno), a tale titolo, normalmente corrisponde una corona sormontata da otto foglie di acanto o fioroni d'oro di cui cinque visibili, sostenute da punte ed alternate da otto perle di cui quattro visibili (si veda Gli scudi, gli elmi e le corone nella sezione L'ARALDICA di questo sito).

        Il titolo di Duca deriva dal dux dei romani, “i quali chiamavano così un capitano d'armata e davano l'onore del Ducato a coloro i quali si erano distinti nella milizia. Erano chiamati duces i governatori delle provincie. Questo uso proseguì anche sotto i Longobardi sino al punto che nel secolo sesto il Regno d'Italia fu diviso in trenta ducati e governato da trenta duchi (...). Intanto, sebbene la parola Duca indicasse a questo modo delle sovranità assolute, questo titolo venne conferito ad alcuni feudatari dei più eminenti; così in Italia – come altrove – il titolo di Duca cominciò a significare un feudatario di rango” (MISTRUZI DI FRISINGA, op. cit., p. 112, nota 32). La corona normale di Duca è cimata da otto fioroni d'oro di cui cinque visibili sostenuti da punte (si veda Gli scudi, gli elmi e le corone nella sezione L'ARALDICA di questo sito).

        Il titolo di Marchese trae origine dal vocabolo Marche o Marca, tedesco, che significa  territorio di confine ed i Longobardi usarono tale appellativo appunto per indicare coloro che erano incaricati di governare una provincia di confine. “Dopo la introduzione della feudalità cominciarono ad essere chiamati marchesi taluni feudatari i di cui feudi erano ai confini dello stato. In prosieguo di tempo non si fece più distinzione, nelle investiture feudali, fra marchesi e conti, pur essendo il marchesato ritenuto gerarchicamente superiore alla contea, né giuocava più la situazione della vicinanza al confine” (MISTRUZI DI FRISINGA, op. cit., p. 112, nota 33).  “Col passare dei tempi, acquistato il titolo marchionale un valore puramente araldico, furono erette in marchesati alcune terre che non erano affatto ai confini” (GUELFI CAMAIANI Piero, Dizionario Araldico, Manuali Hoepli, 1940, rist. Forni 1974, p. 357). La corona spettante al Marchese è cimata da quattro fioroni d'oro, tre visibili, sostenuti da punte ed alternati da dodici perle disposte tre a tre in quattro gruppi piramidali, due visibili (si veda Gli scudi, gli elmi e le corone nella sezione L'ARALDICA di questo sito).
 
        Nel linguaggio feudale, il Conte era il possessore di un feudo al quale era annesso il corrispondente titolo onorifico. Per alcuni la parola deriva dal latino comes, che nei tempi bizantini indicava il grado di un ufficiale di corte o di un governatore di provincia; ovvero comes come compagno del Re, inviato da quest'ultimo a reggere città o territori con armati propri. Per altri (MISTRUZI DI FRISINGA, op. cit., p. 113, nota 34) essa deriva dalla voce counts o countes dei Normanni che indicava precisamente un feudatario. Quando il Conte doveva seguire l'esercito imperiale, lasciava altri al suo posto, onde il titolo posteriore di Visconte. La corona normale di Conte è cimata da sedici perle di cui nove visibili. La corona normale di Visconte è cimata da quattro grosse perle, tre visibili, sostenute da altrettante punte ed alternate da quattro piccole perle, due visibili, oppure da due punte d'oro. Il titolo di Conte Palatino era dato a “quel sommo dignitario, ministro e talora parente del Re il quale aveva carica e titolo di Conte e soprintendeva al supremo tribunale del regno; dato che i giudizi si tenevano presso il Palazzo del Re, questo Conte venne ad assumere l'aggettivo di Conte di Palazzo o Palatino (...). Oggi viene riconosciuto questo titolo ai discendenti di coloro che lo ebbero da Imperatori o Papi, e non dai loro delegati, o da altri Principi. Tutte le esclusioni sono in vigore per i discendenti di coloro che ebbero questo titolo personale per appartenenza a Collegi o perchè rivestiti pro tempore di un ufficio (...). Colla massima nobiliare del 21 febbraio 1915 ai Conti Palatini venne attribuita una corona formata del solito cerchio cimato da nove perle, tre alzate e sei ribassate” (GUELFI CAMAIANI P., op. cit., pp. 162 e segg.) (si veda Gli scudi, gli elmi e le corone nella sezione L'ARALDICA di questo sito).
 
        Anche la parola Barone indicava un feudatario cui era annesso quel titolo e significava Signore con giurisdizione. “Nell'Italia meridionale la voce Barone è stata, in senso complessivo, usata per significare l'intero corpo dei feudatari del Regno, qualunque fossero i titoli di cui i feudatari medesimi erano onorati. Era quindi, colà, qualifica e non titolo (...). Appena nel secolo XIX il barone divenne titolo nobiliare nel Regno delle Due Sicilie. Come titolo nobiliare era conferito con preferenza nella Venezia Giulia e Tridentina, meno nelle altre regioni d'Italia” (MISTRUZI DI FRISINGA, op. cit., p. 113, nota 35). “Vi furono signori di provincia i quali non avendo prerogative feudali ottennero di essere infeudati sotto questo titolo delle terre che avevano in benefizio, ed anche di quelle che avevano in proprietà o di franco allodio, come in Sicilia, nella quale si ebbero anche investiture feudali sullo sfruttamento delle saline, delle tonnare, ecc., il che fece decadere di molto questo titolo” che viceversa in origine era importantissimo; “nel secolo XIII fu in tanto onore che fu preferito a quello di principe. Così Filippo conte di Savoia nobile barone e principe (1269), Alto barone Roberto duca di Borgogna (1272)” (GUELFI CAMAIANI P., op. cit., p. 75). Ad esso compete normalmente una corona formata da un cerchio accollato da un filo di perle con sei giri in banda di cui tre visibili (si veda Gli scudi, gli elmi e le corone nella sezione L'ARALDICA di questo sito).
         
    Il titolo di Nobile si pone nel gradino più basso della scala nobiliare e  spetta inoltre agli insigniti di qualsiasi altro titolo. Ad esso corrisponde una corona cimata da otto perle, cinque visibili (si veda Gli scudi, gli elmi e le corone nella sezione L'ARALDICA di questo sito).
        
    La corona normale di Patrizio è cimata da otto perle di cui cinque visibili, alternate da otto fioroni abbassati sul cerchio di cui cinque visibili. Per l'ARNONE (Riv. Ar., 1946, p. 265), viceversa, sarebbero quattro i fioroni visibili; per il  GUELFI CAMAIANI P. (op. cit., p. 207) le famiglie insignite del patriziato “usavano e usano tuttora una corona simile a quella antica di Marchese meno le dodici perle che sono sostituite da quattro soltanto”, risultando formata da quattro fioroni (tre visibili) alternati da altrettante perle (due visibili) (si veda Gli scudi, gli elmi e le corone nella sezione L'ARALDICA di questo sito).

           Il titolo di Signore serviva ad indicare genericamente i proprietari di terre non sottoposte a vincolo feudale e, soprattutto in Sicilia, era appoggiato su cariche ed altri benefici.  “Nel Medioevo, si dava a chi era titolare di una Signoria feudale sia che questa fosse rappresentata da un territorio che da una carica amministrativa: es. i Signori di Giustizia, titolo che era conferito a chi amministrava la Giustizia; nel sec. XII era considerato un alto titolo, tanto che non era concesso ai vassalli nobili dei grandi Feudatari; il titolo di Signore è stato dunque usato sempre per indicare persona che esercitava potere o dominio (signoria) sugli altri; (…) nella legislazione italiana il titolo di Signore compare solo nell’Ordinamento nobiliare del 1929 in cui si dice che tale titolo è riconoscibile dal regio Governo, mentre era ignorato dai precedenti regolamenti; a ragione di ciò non esiste una corona ufficiale relativa al titolo di Signore, lacuna rilevata dal Guelfi Camaiani (il Conte Piero n.d.r.) secondo il quale (op. cit., p. 494), però, andrebbe attribuito a tale titolo molto diffuso in Italia insieme a quello di Consignore, una corona simile a quella di Barone con minori ornamenti e cioè: un cerchio accollato da un filo di perle in banda (due visibili), il cerchio cimato da quattro grosse perle (tre visibili) sostenute dal cerchio o da punte; lo studioso citato è indotto ad attribuire detta corona poiché il Signore esercitava alcune funzioni baronali che a questi lo avvicinavano, per quanto riguarda la posizione nell’ordine dei titoli nobiliari per la stessa ragione esposta sopra dovrebbe immediatamente seguire il titolo di Barone” (MANTONICO SANTORO, in Riv. Ar., 1977, risposta al quesito 1417). Il secondo comma dell’art. 3 del R.D. 651 del 1943 prevedeva la possibilità di ottenere il riconoscimento di tale titolo, se derivante da antiche concessioni. Non risulta invece nell'elenco di cui all'art. 3 il titolo di Consignore, come consorziato nel feudo, benchè ufficialmente riconosciuto dalla Consulta Araldica, per esempio, alla famiglia Morosini di San Stae, come riporta l'Elenco Storico della Nobiltà italiana edito dall'Ordine di Malta (sul punto: MISTRUZZI DI FRISINGA, Trattato...cit., p. 209).

         Il titolo trasmissibile di Cavaliere “veniva concesso in alcune regioni soggette alla Spagna (Lombardia, Sardegna, Sicilia) e dell'Austria, sia direttamente (Lombardo-Veneto, Venezia Giulia e Tridentina) che indirettamente (Ducati della Val Padana); esso spettava altresì agli ultrogeniti delle famiglie titolate del Piemonte” (MISTRUZI DI FRISINGA, op. cit., p. 209). La corona normale di Cavaliere ereditario è cimata da quattro perle di cui tre visibili.