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Se è vero che l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (ed in particolare della XIV disposizione transitoria che ha esplicitamente disconosciuto i titoli nobiliari) ha implicitamente abrogato tutta la legislazione araldico-nobiliare emanata durante il periodo monarchico (sul punto: TARCHI, Disposizione XIV, Disposizioni transitorie e finali, in Commentario della Costituzione, diretto da Branca-Pizzorusso, Bologna, 1995, p. 216), è altrettanto vero che gli Ordinamenti nobiliari ed i Regolamenti araldici sono tuttora in vigore per quanto riguarda l'araldica civica, cioè gli stemmi degli Enti territoriali pubblici: province e comuni (per quanto riguarda gli effetti dell'entrata in vigore della Costituzione sugli stemmi nobiliari personali, si veda Gli stemmi e la Costituzione in questa stessa sezione di questo sito).

Dall'esame dell'ultimo Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano (approvato con R.D. 7 giugno 1943, n. 651), dell'ultimo Regolamento per la Consulta Araldica del Regno (approvato con R.D. 7 giugno 1943, n. 652) e del recente Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2011, “competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di onorificenze pontificie e araldica pubblica e semplificazione del linguaggio normativo” (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1° febbraio 2011, n. 25, Supplemento Ordinario n. 26), deriva quanto segue.

           

            In base alle norme contenute nel D.P.C.M. del 28 gennaio 2011, le Regioni, le Province, le Città metropolitane, i Comuni, le Comunità montane, le Comunità isolane, i Consorzi, le unioni di Comuni, gli Enti con personalità giuridica, le Banche, le Fondazioni, le Università, le Società, le Associazioni, le Forze armate ed i Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato, che intendano dotarsi di un emblema, devono presentare domanda al Presidente della Repubblica e contestualmente al Presidente del Consiglio dei Ministri. In base all'art. 3, comma quarto, “alla domanda vanno allegati: a) copia dell’atto deliberante con il quale l’ente richiedente stabilisce gli emblemi oggetto di concessione; b) marca da bollo di Euro 14,62; c) cenni corografici dell’ente richiedente; d) bozzetti degli emblemi araldici richiesti e relative blasonature”. Il conseguente Decreto del Presidente della Repubblica di concessione di stemmi, gonfaloni, bandiere e sigilli viene “debitamente trascritto nel Libro araldico degli Enti territoriali e giuridici, conservato presso l’Archivio centrale dello Stato e registrato presso l’Ufficio onorificenze e araldica” (art. 4, comma settimo).Con riferimento alle caratteristiche degli emblemi, il Decreto stabilisce che “lo scudo obbligatoriamente adottato per la costruzione degli stemmi è quello sannitico moderno” con una “proporzione di 7 moduli di larghezza per 9 moduli di altezza” (art. 5, comma primo):

 

 


           Per quanto riguarda le corone, il secondo comma dell'art. 5 prevede che “le Province, i Comuni insigniti del titolo di Città ed i Comuni dovranno collocare sopra lo stemma la corona a ciascuno spettante, come di seguito descritta”:

 

            a) Provincia: “cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all’infuori” (testo riproducente quello dell'art. 95 del Regolamento per la Consulta Araldica del Regno del 1943):

 


            b) Comune insignito del titolo di Città: “corona turrita, formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero” (testo riproducente quello dell'art. 96 del Regolamento per la Consulta Araldica del Regno del 1943):

 

 


 

            A tal proposito è necessario rilevare come il Decreto  del 2011 nulla dica circa i requisiti necessari affinché un Comune possa fregiarsi del titolo di Città. Dobbiamo dunque rifarci all'art. 32 dell'Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano del 1943 che prevede il Capo dello Stato possa concedere il titolo di Città ai Comuni “insigni per ricordi e monumenti storici o per attuale importanza” e “purché abbiano provveduto lodevolmente a tutti i pubblici servizi e in particolar modo alla pubblica assistenza”.

 

            c) Comune: “corona formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero” (testo riproducente quello dell'art. 97 del Regolamento per la Consulta Araldica del Regno del 1943):

 


 

            Per il terzo comma dell'art. 5: “gli enti di cui all’articolo 2, diversi da Provincia, Comune insignito del titolo di Città e Comune, possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui è studiata di volta in volta la realizzazione a cura dell’Ufficio onorificenze e araldica”. Da tale norma si ricava che -- mentre gli enti diversi da Provincia, Comune e Città possono -- le Provincie, le Città ed i Comuni non possono fregiare il proprio stemma con corone speciali. E dunque quei Comuni e quelle Città che tradizionalmente usano al posto delle corone normali delle corone diverse, storicamente loro spettanti (come per esempio le corone nobiliari, dato che in passato ad alcuni Comuni furono concessi dei veri e propri titoli nobiliari), in virtù della suddetta disposizione non potranno in futuro chiedere il riconoscimento del proprio stemma con appunto una corona speciale. Questo a differenza di quanto invece accadeva in passato in forza dell'articolo 94 del Regolamento per la Consulta Araldica del Regno del 1943, per il quale: “gli enti morali possono fregiare la loro arma ed insegna con quelle corone speciali, delle quali si proverà la concessione e il possesso legale” (norma non riprodotta nel Decreto in esame). In riferimento all'argomento si pensi, per esempio, alla Città di Torino che usa la corona comitale, alle Città di Lucca, Foligno e Roma che usano la corona marchionale, al Comune di Genova che usa la corona ducale, oppure alla Città di Venezia che usa il corno dogale veneto nel ricordo della Serenissima Repubblica di San Marco.

           

            Per quanto riguarda il gonfalone, il comma quarto dell'art. 5 stabilisce che esso “consiste in un drappo rettangolare di cm. 90 per cm. 180, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma. Il drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il gonfalone ornato e frangiato è caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente medesimo. La cravatta frangiata deve consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali. Le parti metalliche del gonfalone devono essere: argentate per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Analogamente i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le bullette a spirale devono essere d’argento per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città.

 


 

 

            Sia l'Ordinamento che il Regolamento del 1943 non riguardano le Regioni, dato che esse sono state istituite solo nel 1948 con l'avvento della Repubblica. Né l'emblema di tali enti territoriali è stato preso in considerazione dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2011. Dunque alcune Regioni hanno adottato simboli che non fanno riferimento all'araldica tradizionale e quindi non prevedono l'uso di corone.