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(Testo gentilmente concesso dall'autore: Conte Avv. Gherardo Guelfi Camaiani) 


1) GLI ORDINI CAVALLERESCHI “NON NAZIONALI”

    Mentre il conferimento delle onorificenze nazionali è regolato dalle leggi istitutive dei vari Ordini cavallereschi della Repubblica e per il loro uso non è necessaria alcuna autorizzazione, bastando il fatto del conferimento, il conferimento e l'uso delle onorificenze cavalleresche diverse da quelle nazionali è regolato dalla  la legge 3 marzo 1951, n. 178.
    Detta legge, oltre ad istituire l'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, all'art. 7 vieta ai cittadini italiani di usare nel territorio nazionale onorificenze o distinzioni cavalleresche conferite da Ordini di Stati esteri o da Ordini “non nazionali”, se non autorizzati con decreto del Ministro degli Esteri e all'art. 8 vieta il conferimento di onorificenze da parte di enti, associazioni o privati, nonchè l'uso, in qualsiasi forma e modalità, di tali onorificenze.

    Ai fini dell'applicazione della legge 178 del 1951, occorre dunque stabilire in primo luogo quali siano gli Ordini definibili come Ordini di Stati esteri e quali quelli definibili come “non nazionali”.
    Se nessun dubbio sorge intorno alla identificazione degli Ordini appartenenti a Stati esteri come quegli Ordini che sono emanazione diretta della personalità di diritto pubblico di Stati stranieri, nel silenzio della legge, non è viceversa altrettanto agevole definire la categoria degli Ordini “non nazionali”.
    Invero, storicamente e giuridicamente, accanto agli Ordini statali di Stati aventi una forma istituzionale diversa da quella monarchica, si pongono innanzitutto gli Ordini creati da Case regnanti che possono essere divisi in Ordini dinastico-statuali e Ordini dinastico-familiari. I primi, detti anche “di corona”, appartengono al patrimonio araldico del Sovrano come Capo dello Stato e sono legati all'effettivo esercizio della sovranità; i secondi, detti anche “di collana”, appartengono al patrimonio araldico del Sovrano come Capo di una determinata famiglia regnante, indipendentemente dall'esercizio della sovranità. In caso di perdita della sovranità senza debellatio (cioè senza la totale o spontanea rinuncia al trono), al Sovrano spodestato è riconosciuta la potestà di poter continuare a conferire le onorificenze degli Ordini dinastico-familiari. Il Sovrano detronizzato, ancorché privo dello ius imperii e dello ius gladii, al di fuori della debellatio, conserva lo ius honorum così come lo ius maiestatis, ossia il diritto di conferire onorificenze appartenenti al patrimonio araldico familiare del suo Casato.
    Accanto ad essi vi è l'ulteriore categoria costituita dagli Ordini autonomi o indipendenti, cioè da quegli Ordini che non promanano nè da un’autorità statale, nè dal Capo di una Casa regnante o ex regnante. In tale categoria rientrano gli Ordini Magistrali, che hanno il Gran Magistero non ereditario ma elettivo (come l’Ordine di Malta, l’unico Ordine Sovrano), e gli Ordini a carattere associativo.

    Di fronte a tale eterogeneità di fontes honorum è necessario dunque stabilire quali siano le caratteristiche che un Ordine deve possedere affinchè possa essere considerato come “non nazionale” ai fini della legge 178 del 1951.
    Per la dottrina più autorevole (PEZZANA: Conferimento di onorificenze da parte dei c.d. Ordini cavallereschi indipendenti, in Riv. Ar., 1962, pp.160-161), ciò che è decisivo per qualificare un Ordine come “non nazionale” è che esso “sia riconosciuto come Ordine Cavalleresco da un ordinamento giuridico diverso da quello dello Stato italiano, e cioè o dall'ordinamento di uno Stato estero o da quello della Chiesa cattolica o dal diritto internazionale”: riguardo agli Ordini familiari, bisognerebbe distinguere tra varie ipotesi: “se l'Ordine appartiene al patrimonio araldico di una famiglia straniera non sovrana (od ex sovrana), esso dovrà essere considerato <non nazionale>, se riconosciuto dalla legislazione dello Stato, del quale il Gran Maestro è cittadino; se l'Ordine appartiene per diritto ereditario ad una famiglia italiana non ex sovrana o ad una famiglia straniera, che si trovi in analoga situazione ed i cui diritti sull'Ordine non siano riconosciuti dal suo Paese, il conferimento delle onorificenze ricadrà sotto le sanzioni di cui all'art. 8; se infine si tratta di un Ordine dinastico di una famiglia ex sovrana (e questa è l'ipotesi che dà luogo a maggiori dubbi) riteniamo che l'Ordine possa considerarsi <non nazionale> solo se all'ex Casa regnante sia riconosciuto dal diritto internazionale e dagli Stati stranieri un particolare status giuridico, una qualche rilevanza alla posizione di famiglia ex regnante ed alle sue pretese di restaurazione”. Tale particolare posizione giuridica è da escludersi per quelle famiglie “le cui pretese dinastiche si riallacciano a situazioni storiche ormai definitivamente superate e le quali, anche dal punto di vista del protocollo, sono trattate in tutti i paesi alla stregua di tutti gli altri privati cittadini”.
    Gli Ordini autonomi o indipendenti, cioè quegli Ordini che non promanano da un’autorità statale o da un monarca --  nei quali rientrano anche gli Ordini Magistrali nei quali il gran magistero è elettivo -- sono da ritenersi  legittimi solo quando siano Sovrani (l'unico Ordine Sovrano è quello di Malta) o si trovino sotto la protezione della Santa Sede (come il Teutonico ed il S. Sepolcro) o di una Casa reale o di uno Stato repubblicano: qualora tale protezione si concretizzi in un vero e proprio riconoscimento, saranno da ritenersi legittimi anche gli Ordini a carattere associativo che è la forma giuridica più frequente dei c.d. Ordini indipendenti (PEZZANA: Ordini Cavallereschi legittimamente ed ininterrottamente conferiti da Capi di Case già regnanti d’Europa, in Riv.Ar., 1970, p. 261). In altre parole, con riferimento agli Ordini a carattere associativo, “debbono considerarsi <non nazionali> solo quelli che abbiano ottenuto da uno Stato straniero un non equivoco riconoscimento giuridico (s'intende non semplicemente come associazioni private ma come enti con facoltà di concedere onorificenze)” (PEZZANA, Conferimento ... cit., pag.161).
   

2) GLI ORDINI CAVALLERESCHI LEGITTIMI

    Se in base ai criteri sopra indicati un Ordine può essere definito come Ordine “non nazionale”, esso rientrerà nell'ambito della disciplina di cui all’art. 7; se invece non può essere definito come Ordine “non nazionale”, esso sarà da considerarsi come un ente od un’associazione privata, ricadente nell'ambito di applicazione dell’art. 8.
    Dunque, la categoria degli Ordini “non nazionali” di cui all'art. 7, si pone in netta contrapposizione con quella costituita dagli “enti, associazioni o privati” di cui all'art. 8.
    I primi e cioè gli Ordini “non nazionali”, sono istituzioni legittime che posso liberamente conferire onorificenze cavalleresche (dipendendo poi il rilascio dell'autorizzazione all'uso da parte dello Stato italiano ai rispettivi insigniti, dalla presenza di ulteriori elementi, oltre che da valutazioni di natura discrezionale).
    Le istituzioni del secondo tipo sono da considerarsi per l'ordinamento italiano come Ordini “illegittimi”. Invero, trattandosi di istituzioni che in definitiva si identificano in semplici enti, associazioni o soggetti comunque di natura privata, non sono definibili nemmeno come veri e propri Ordini cavallereschi: se si vuole usare tale dicitura, essa deve essere seguita dall'aggettivo “illegittimi”. Il conferimento di onorificenze da parte di tali soggetti è vietato dalla legge (art. 8) e nessuna autorizzazione potrà mai essere concessa per l'uso di onorificenze eventualmente da essi conferite.
   

3) GLI ORDINI CAVALLERESCHI AUTORIZZATI

    Tuttavia, ai fini dell'applicazione della legge 178 del 1951, non basta che una onorificenza promani da un Ordine legittimo -- cioè da un Ordine statuale estero, ovvero da un Ordine definibile come “non nazionale” -- affinchè il suo uso possa essere autorizzato dallo Stato italiano.
    Se come detto gli Ordini “non nazionali” -- ed a maggior ragione gli Ordini statuali esteri -- sono istituzioni legittime che posso liberamente conferire onorificenze cavalleresche, all'ordinamento italiano è in ogni caso riservata la disciplina relativa all'uso delle relative onorificenze, in base al principio per il quale lo Stato ha l'insindacabile diritto di stabilire quali siano le onorificenze che possono essere portate dai propri cittadini nel territorio della Repubblica.
    Se tutti gli Ordini legittimi sono in teoria autorizzabili, solo alcuni di essi sono di fatto autorizzati dall'ordinamento italiano. E' infatti rimesso al prudente apprezzamento della Pubblica Amministrazione valutare, caso per caso, se un Ordine sia degno di ottenere che le sue onorificenze siano autorizzate all'uso in Italia.
    Dunque, nell'ambito degli Ordini legittimi possiamo distinguere tra Ordini autorizzati e Ordini non autorizzati (o usando un'altra terminologia, tra Ordini riconosciuti e Ordini non riconosciuti).
    Mentre nel primo gruppo rientrano quegli Ordini l'uso delle cui onorificenze è autorizzato da parte dello Stato italiano in base a positive valutazioni di carattere storico-giuridico e di opportunità politica e diplomatica (dipendendo in ogni caso l'effettivo rilascio dell'autorizzazione all'insignito da valutazioni riguardanti anche le qualità personali dell'insignito medesimo), nel secondo gruppo rientrano, sia quegli Ordini che non sono autorizzati da parte dello Stato italiano in base a considerazioni di carattere storico-giuridico e più in generale per motivi di opportunità, sia quegli Ordini che non possono essere autorizzati dallo Stato italiano per espressa disposizione di legge (si veda ad es. l'art. 9 della legge 178/51).   

          Sull'argomento il Ministero degli Affari Esteri, alla luce del parere del Consiglio di Stato, sez. I, n. 1869 del 1981, e del parere del Contenzioso Diplomatico del 18 aprile 1996, nella nota n. 022/363 del 29 luglio 1999, ha individuato le seguenti categorie di ordini: 1) Ordini nazionali di Stati esteri, ossia facenti parte del patrimonio araldico di una Nazione; 2) Ordini Pontifici, ossia di emanazione del Sommo Pontefice; 3) Ordini dinastici, nei quali il Gran Magistero è ereditario in una famiglia attualmente regnante: l'uso delle relative onorificenze è autorizzabile in quanto Ordini non nazionali; 4) Ordini dinastici non nazionali nei quali il Gran Magistero è ereditario in una famiglia ex sovrana: l'uso delle relative onorificenze è autorizzabile in quanto Ordini non nazionali, a condizione che essi siano sorti e costituiti quando la famiglia attualmente ex sovrana era, al contrario, regnante e che vi sia stata una ininterrotta titolarità nel capo della famiglia e che manchi una soppressione da parte del capo della famiglia medesima; sotto questo profilo sono irrilevanti le soppressioni effettuate da altri soggetti giuridici, anche statuali, che non avevano il potere di sopprimere l'Ordine, proprio perchè questo era patrimonio della famiglia allora regnante, ma solo quello di disconoscerlo; 5) Ordini sovrani, nei quali la sovranità deriva o da antichi possedimenti con carattere di sovranità o dall'avvenuto riconoscimento da parte di Sovrani o di Pontefici: l'uso delle relative onorificenze è autorizzabile qualora vi sia la prova della già esistente sovranità territoriale o quando tale sovranità sia stata riconosciuta da Re, Imperatori o Sovrani Pontefici, e che possano dimostrare una continuità conforme al proprio ordinamento; anche in tal caso le eventuali soppressioni da parte di ordinamenti diversi non avrebbero rilevanza; 6) Ordini Magistrali  il cui Gran Maestro non discende da famiglia ex sovrana, ovvero nei quali il Gran Magistero è elettivo e non ereditario: le onorificenze di tali Ordini sono autorizzabili solo nel caso che tali Ordini abbiano avuto un riconoscimento da almeno uno Stato estero (purchè non esistano espresse norme in contrario o ragioni politiche lo sconsiglino) e pertanto, possano rientrare nell'ampio concetto di Ordini non nazionali; in caso contrario tali Ordini sono da considerare mere associazioni di diritto privato che, nell'ipotesi in cui conferiscano onorificenze, decorazioni o distinzioni cavalleresche, possono essere sanzionate ai sensi dell'art. 8 della legge 178 del 1951.
         Sulla base di tali considerazioni, nella successiva nota n. 022/713 del 13 dicembre 1999, il Ministero degli Affari Esteri ha individuato alcuni Ordini “non nazionali” per i quali il Ministero stesso ritiene concedibile l'autorizzazione all'uso delle relative onorificenze e che, quindi, possono essere considerati autorizzati. Questi sono: l'Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, l'Ordine del Merito sotto il Titolo di San Giuseppe, la Decorazione di San Giorgio per il Merito Militare di Lucca, il Real Ordine al Merito sotto il Titolo di San Lodovico, l'Ordine dell'Aquila Estense, il Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di San Giorgio e il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.     
        Ovviamente, dato che la concessione del provvedimento di autorizzazione all'uso è assolutamente discrezionale, gli indirizzi espressi dal Ministero nelle note citate non sono definitivi, potendo mutare in relazione ad eventuali, futuri, diversi motivi di opportunità politica e diplomatica. Il suddetto elenco riportato nella nota n. 022/713 del 1999, non è dunque da intendersi esaustivo, dato che, come espressamente indicato nella medesima nota, “potrebbero essere sempre identificati alcuni pochi, ulteriori Ordini da considerarsi <non nazionali> ai sensi del disposto dell'art. 7 della legge n. 178/1951. Un esempio potrebbe essere ravvisato nell'Ordine del Toso d'Oro, legato alla Casa Sovrana degli Asburgo e dei Borbone ma tuttora concesso a pochissimi soggetti, per la maggior parte Sovrani o Capi di Stato”. Ancora nella stessa nota, il Ministero ha ulteriormente specificato che “l'analisi effettuata degli Ordini citati è <allo stato> attuale dei loro Statuti. Si ritiene pertanto che ove, in futuro, singoli Ordini effettuassero ulteriori modifiche strutturali degli Statuti, tali da trasformare la loro stessa essenza, il giudizio positivo ad oggi posto in essere su di essi potrebbe essere rivisto”. 
    Tutto ciò a dimostrazione che, dopo più di cinquant'anni dall'emanazione della legge sugli Ordini cavallereschi, lo Stato italiano non ha ancora definito un preciso elenco di Ordini “non nazionali” per i quali esso ritenga concedibile l'autorizzazione all'uso delle relative onorificenze nel territorio nazionale.
    Molto più costante e chiara viceversa la posizione della Santa Sede che anche recentemente (Osservatore Romano del 4 luglio 2002) ha ribadito che essa “oltre ai propri Ordini Equestri riconosce e tutela due soli Ordini cavallereschi: il Sovrano Militare Ordine di Malta – ovvero Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta – e l'Ordine Equestre del santo Sepolcro di Gerusalemme”. 

4) L'AUTORIZZAZIONE ALL'USO DELLE ONORIFICENZE CAVALLERESCHE

    I cittadini italiani possono liberamente accettare onorificenze cavalleresche, ma se intendono farne uso devono chiedere l’autorizzazione all’uso con domanda rivolta al Ministero degli Affari Esteri.
    Il rilascio dell'autorizzazione è un atto assolutamente discrezionale dell'Amministrazione; esso dipende dalla verifica della sussistenza di presupposti sia di carattere oggettivo, legati alla qualità dell'Ordine, sia di carattere soggettivo, legati alla qualità dell'insignito.
    Pur sussistendo in astratto i presupposti oggettivi per la concessione dell'autorizzazione all'uso, trattandosi di una onorificenza che in concreto può essere autorizzata – derivando da un Ordine estero o che può essere definito come “non nazionale” -- nell'emanazione del provvedimento l'Amministrazione deve valutare anche la presenza dei presupposti soggettivi per il suo rilascio, riguardanti la persona dell'insignito. Dovrà essere preventivamente accertata la moralità della persona, come è richiesto per le onorificenze della Repubblica, e bisognerà valutare se l'onorificenza sia adeguata allo status del soggetto e tenere presente anche quali altre onorificenze egli abbia ricevuto. 
    In altre parole, il Ministro è assolutamente libero nel valutare se concedere o negare l'autorizzazione, tenendo conto di varie circostanze riguardanti non solo la qualità dell'Ordine ed i rapporti politici e diplomatici tra lo Stato italiano e l'Ordine o lo Stato estero che ha concesso l'onorificenza, ma riguardanti anche la persona dell'insignito: e cioè le sue qualità morali, le sue benemerenze sociali, la sua posizione sociale. 
    La domanda dovrà essere corredata: dal diploma originale di concessione o copia autentica dello stesso, dalla copia autentica di iscrizione all’Ordine e dalla ricevuta comprovante il pagamento della tassa di concessione governativa prescritta per ciascun grado. I membri del Governo potranno inviare la loro domanda direttamente al Ministero, mentre i funzionari dello Stato ed i militari la trasmetteranno per il tramite dell’Amministrazione alla quale appartengono, con dispensa dal presentare la ricevuta di pagamento della tassa di concessione governativa. Il Servizio del Cerimoniale istruirà la domanda e, se l’istruttoria darà esito positivo, con riferimento all'esame dei presupposti sia oggettivi che soggettivi, promuoverà la concessione dell'autorizzazione. Detta autorizzazione – che per effetto dell'art. 2, legge 12 gennaio 1991, n. 13, non ha più la forma del decreto Presidente della Repubblica, ma quella del decreto del Ministro degli Esteri --  ha la funzione di parificare le onorificenze “non nazionali” ed estere a quelle italiane, permettendo all'insignito un uso pieno delle medesime.

        Disposizioni particolari sono dettate per quanto riguarda l'autorizzazione all'uso delle onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche della Santa Sede, dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro e del Sovrano Militare Ordine di Malta.
    Per il terzo comma dell'art. 7, legge 178 del 1951, “l'uso delle onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche della Santa Sede e dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro continua ad essere regolato dalle disposizioni vigenti”, cioè dall'art. 41 del Concordato e dall'art. 2 del R.D. 10 luglio 1930, n. 974. La prima norma prevede l'obbligo per lo stato italiano di autorizzarne l'uso mediante la semplice registrazione dell'atto di nomina, da farsi su presentazione dell'atto stesso e domanda dell'interessato; per la seconda, l'autorizzazione all'uso deve essere obbligatoriamente accordata, salvo il controllo, da parte delle autorità italiane, della mera regolarità formale dell'atto di concessione, con esclusione di qualsiasi indagine sulla persona dell'insignito e sui motivi del conferimento. Per tali Ordini l’autorizzazione dovrà essere promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
    Per il quarto comma del medesimo art. 7, “nulla è parimenti innovato alle norme in vigore per l'uso delle onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche del Sovrano Militare Ordine di Malta”. Tale Ordine è l'unico riconosciuto come soggetto di diritto internazionale; l'uso delle relative onorificenze, decorazioni e distinzioni rimane regolato dalle norme in vigore, cioè da specifici Trattati di diritto internazionale che non prevedono l'obbligo di alcuna autorizzazione all'uso.

    Per quanto riguarda poi gli appartenenti alle Forze Armate, ai Corpi Armati dello Stato e per gli assimilati al personale militare, è necessario fare riferimento al Regolamento per la Disciplina delle Uniformi, edito dallo Stato Maggiore della Difesa nel 2002. Tale Regolamento, dopo aver precisato all'art. 51 cosa siano le decorazioni e cosa i distintivi, all’art. 57 indica gli adempimenti che il militare, insignito di decorazioni cavalleresche non nazionali, deve compiere per ottenere l'autorizzazione all'uso: la richiesta di autorizzazione, ex art. 7, legge 178 del 1951, va inoltrata per via gerarchica al gabinetto del Ministro da cui il militare dipende che la trasmetterà al Ministero degli Affari Esteri. L’autorizzazione, se concessa, verrà registrata dallo stesso Ministero e, a richiesta dell’interessato, la decorazione potrà quindi essere trascritta a matricola. Una volta trascritta a matricola, l'uso della decorazione cavalleresca non nazionale e dei relativi nastrini, sarà obbligatorio in ogni circostanza. In base all'art. 58, le decorazioni rilasciate dallo S.M.O.M. non necessitano di autorizzazione; per quelle della Santa Sede e dell'Ordine del Santo Sepolcro,  l'autorizzazione deve essere richiesta ai sensi del R.D. 974 del 1930.

    In conclusione, dunque, l'insignito di una onorificenza diversa da quelle della Repubblica italiana o del S.M.O.M. -- per il cui uso non è necessaria alcuna autorizzazione -- se vuole usarla, deve chiedere l'autorizzazione all'uso al Ministro degli Esteri. In caso di uso senza autorizzazione, la condotta sarà punibile ai sensi dell'art. 7 ovvero ai sensi dell'art. 8, rispettivamente a seconda che l'Ordine che ha conferito l'onorificenza sia da considerarsi o non sia da considerarsi come Ordine estero o “non nazionale”.      

5) GLI ILLECITI IN MATERIA DI CONFERIMENTO E USO DELLE ONORIFICENZE CAVALLERESCHE

    Gli illeciti relativi al conferimento ed all’uso delle onorificenze cavalleresche sono i seguenti.

A) Conferimento di onorificenze illegittime. Ipotesi prevista dall'art. 8, comma primo, legge 178 del 1951.  Tale norma punisce, con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da € 645,57 a € 1.291,14 e con la sanzione accessoria prevista dal comma terzo della pubblicazione della sentenza di condanna, chiunque, come privato, ovvero nell'ambito di enti o associazioni, conferisca onorificenze, decorazioni o distinzioni cavalleresche, sotto qualsiasi forma o denominazione.
    Per la sussistenza del delitto è necessario che il conferimento avvenga da parte di soggetti che non possono essere definiti come Ordini di Stati esteri o come Ordini “non nazionali” e che quindi devono ritenersi  a tutti gli effetti Ordini illegittimi. Preliminarmente si deve dunque accertare la qualità dell'ente che ha conferito l'onorificenza. E' necessario poi che il conferimento sia avvenuto nel territorio dello Stato. Questo perchè, non specificando l'art. 8, primo comma, il luogo del conferimento, deve applicarsi il principio della territorialità della legge penale (art. 3 c.p.).
    Come rilevato dalla Corte di Cassazione nel 1999, “lo Stato italiano ha inteso riservare a sé il potere di conferimento, vietandolo ad ogni ente, associazione o privato, salvi gli ordini cavallereschi previsti dall'art. 7 e le onorificenze di Stati esteri e degli ordini non nazionali, subordinate queste ultime ad autorizzazione, sicchè detto monopolio ed il conseguente divieto di conferimento, penalmente sanzionato, hanno un senso se la punibilità è circoscritta al solo territorio italiano”; tuttavia la punibilità comprende “non solo l'atto unilaterale di <conferimento>, costituente l'inizio della condotta punibile e denominabile come <assegnazione> del titolo, ma anche di tutte quelle manifestazioni collegate quali l'investitura, solenne o meno, la consegna di segni o medaglie o distinzioni o decorazioni, ed eventuali ulteriori modalità o cerimonie, costituenti un tutto unitario ed inscindibile”; pertanto, “l'illecito conferimento deve comprendere in una considerazione unitaria ed inscindibile, tutte le varie fasi per evitare sistemi di facile elusione della normativa e consentire un'uniforme repressione. Questa valutazione unitaria è ulteriormente confortata dalla locuzione <in qualsiasi forma e denominazione> contenuta nel precetto in esame, contemplato dall'art. 8, ove si nota l'indifferenza per le varie modalità e l'ampia accezione utilizzata dal legislatore per ricomprendervi ogni momento in cui può essere suddistinto il <conferimento> delle onorificenze”. Dunque, il conferimento non consentito di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche include non solo l'atto unilaterale di assegnazione del titolo “cartaceo”, ma anche la cerimonia di investitura in quanto modalità nella quale il predetto conferimento si attua. Conseguentemente il reato si configura anche nell'ipotesi in cui il conferimento “cartaceo”del titolo sia avvenuto all'estero, ma la cerimonia di investitura in Italia.
          Infine vi è da dire che la condotta punita è quella del semplice “conferimento”, quindi, per la perfezione del delitto si prescinde dal fatto della  accettazione o non accettazione della onorificenza da parte dell'insignito.

    B) Uso di onorificenze illegittime. L'art. 8, comma secondo, legge 178 del 1951, punisce con la sanzione amministrativa da € 129,11 a € 903,80, chiunque faccia uso, in qualsiasi forma e modalità, di onorificenze, decorazioni o distinzioni cavalleresche conferite (anche prima dell'entrata in vigore della legge del 1951) da enti, associazioni o privati
    Per la sussistenza dell'illecito è necessario che l'uso abbia per oggetto onorificenze conferite da soggetti che non possono essere definiti come Ordini di Stati esteri o come Ordini “non nazionali” e che quindi devono ritenersi Ordini illegittimi.
        Posto che l'ordinamento non punisce la semplice accettazione, l'illecito può essere commesso sia dal cittadino italiano sia dallo straniero ma, trattandosi di illecito amministrativo, deve essere commesso nel territorio dello Stato anche se il suo presupposto, cioè il conferimento della onorificenza, sia avvenuto all'estero.

      C) Uso non autorizzato di onorificenze legittime. Ipotesi prevista dall'art. 7, legge 178 del 1951, che punisce con la sanzione amministrativa sino ad € 1.291,14, chi fa uso di onorificenze o distinzioni cavalleresche conferite da Ordini di Stati esteri o da Ordini “non nazionali” senza aver ottenuto la preventiva autorizzazione da parte del Ministro degli Esteri.
    E' necessario che l'uso avvenga senza la preventiva autorizzazione del Ministro degli Esteri e che l'uso abbia per oggetto onorificenze legittime: qualora si trattasse di onorificenze illegittime, ricorrerebbe la fattispecie precedente.
    Come non è punita la semplice accettazione di onorificenze illegittime, non è punita la semplice accettazione di onorificenze legittime.
      Per espressa previsione legislativa, il fatto è punibile solo se commesso da cittadini italiani nel territorio dello Stato.  

    D) Arrogazione di onorificenze. Ipotesi prevista come illecito amministrativo dal comma secondo dell'art. 498 c.p. che punisce il fatto di chi si arroghi “titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche”, con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 154,94 a € 929,62 e con la sanzione accessoria della pubblicazione del provvedimento che accerta la violazione in uno o più giornali designati dal giudice.
        Presupposto di tale illecito è la mancanza di un qualsiasi atto di conferimento od il venir meno dell’originario atto di conferimento, come nel caso di sospensione o revoca dell'atto o come nel caso di condanna dell'insignito alla pena accessoria dell’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici.
    L'espressione arrogazione implica, oltre al concetto di autoattribuzione, quello di “far mostra” pubblicamente o con estranei, pertanto non è punibile la vanteria che avvenga in privato.

    E) Il reato previsto e punito dall'art. 275 c.p., di accettazione di onorificenza conferita da uno Stato nemico in guerra con lo Stato italiano, è stato abrogato dalla legge 25 giugno 1999, n. 205.