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(Testo gentilmente concesso dall'autore: Conte Avv. Gherardo Guelfi Camaiani) 

    Durante il cessato ordinamento monarchico il titolo nobiliare costituiva oggetto di un diritto soggettivo; esso era un ulteriore segno distintivo della persona. Interessava il diritto privato perché indicava l'appartenenza alla nobiltà, ossia ad una famiglia che aveva acquistato il titolo per speciali benemerenze riconosciute mediante un atto sovrano. Quindi, come il cognome, era tutelato l'uso esclusivo del titolo da parte di coloro che appartenevano a quella famiglia; essi avevano il connesso diritto soggettivo di impedire, mediante azione giudiziaria civile, che altri, non appartenenti a quella famiglia, lo usurpassero, ossia abusivamente lo portassero, con l'aggiunta che l'abuso era represso penalmente (sul punto ed in tal senso: MESSINEO, Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 1947, p. 391). Inoltre, il diritto al titolo nobiliare, sotto il profilo della sua legittima spettanza, poteva essere oggetto di un'azione giudiziaria civile di accertamento, ovvero di un procedimento di natura amministrativa, sempre di accertamento, da svolgersi presso la Consulta Araldica.

           Tutto è mutato in seguito all'entrata in vigore della Costituzione repubblicana. Il primo comma della XIV disposizione transitoria della Costituzione recita: “i titoli nobiliari non sono riconosciuti”. Tale norma contiene un precetto di portata negativa e cioè il “non riconoscimento” dei titoli nobiliari. Da tale “non riconoscimento” derivano alcune importanti conseguenze.

      Innanzitutto è da dire che disconoscimento non significa abolizione o soppressione dei titoli nobiliari. Pertanto, come ha giustamente ritenuto la Corte di Cassazione nel 1951 la Costituzione non pone alcun divieto all'uso pubblico o privato dei titoli nobiliari da parte di chi ne sia investito; il “non riconoscimento” vale come divieto solo nei confronti dei pubblici ufficiali, i quali hanno il dovere di omettere ogni indicazione del titolo nobiliare negli atti da essi formati.

         Inoltre, nessun soggetto – sebbene legittimamente investito di un titolo nobiliare – potrà esigere (non solo negli atti pubblici ma anche in quelli privati, nelle pubblicazioni e nella vita di relazione) di vedersi attribuito il titolo nobiliare a lui spettante.  Infatti, come stabilito dalla Corte di Cassazione nel 1971, in virtù del disconoscimento: “i titoli nobiliari non rientrano (più) nell'oggetto del diritto all'identità personale inteso come diritto di ciascun individuo ad essere riconosciuto nella realtà, a lui peculiare, di attributi, qualità caratteri, azioni, che o contraddistinguono rispetto ad ogni altro individuo”.

        Ancora, come scritto dalla Corte Costituzionale nella fondamentale sentenza del 1967 (Corte Costituz., 8 luglio 1967, n. 101), “il divieto di riconoscimento dei titoli nobiliari (...) comporta che i titoli nobiliari non costituiscono contenuto di un diritto e, più ampiamente, non conservano alcuna rilevanza: in una parola, essi restano fuori del mondo giuridico. Da questa premessa inevitabilmente discende che l'ordinamento non può contenere norme che impongano ai pubblici poteri di dirimere controversie intorno a pretese alle quali la Costituzione disconosce ogni carattere di giuridicità. (...) Tale irrilevanza giuridica del titoli nobiliari impedisce, dunque, che essi possano essere giudizialmente accertati”. In altre parole, la Costituzione ha posto "fuori" dall'ordinamento giuridico italiano i titoli nobiliari: il loro uso è indifferente di fronte allo Stato, il  quale, non riconoscendoli, non accorda ad essi la sua protezione. Conseguentemente, sotto l'impero dell'attuale Costituzione nessun organo statale -- sia amministrativo, sia giudiziario -- potrà ulteriormente attribuire ufficialmente titoli nobiliari, nè gli aventi diritto avranno la facoltà di esperire un'azione giudiziaria diretta, in via principale, ad ottenere una sentenza "accertativa" della spettanza di un titolo nobiliare.     
   
    In tale quadro normativo si inserisce la lodevole iniziativa promossa dall'Accademia Araldica Nobiliare Italiana di istituire il Registro della Nobiltà Italiana.
    Posto che, come detto, sotto l'impero dell'attuale Costituzione nessun organo statale -- sia amministrativo, sia giudiziario -- potrà ulteriormente attribuire ufficialmente titoli nobiliari, né gli aventi diritto avranno la facoltà di esperire un'azione giudiziaria diretta, in via principale, ad ottenere una sentenza "accertativa" della spettanza di un titolo nobiliare, mi pare opportuna la creazione di un Registro della Nobiltà Italiana, con il compito di censire le famiglie nobili italiane comprendendovi non solo quelle famiglie che durante il cessato ordinamento monarchico curarono di farsi riconoscere ufficialmente i titoli nobiliari loro spettanti ma anche quelle che, pur legittimamente investite di titoli nobiliari, non si premurarono di ottenere una ricognizione della loro posizione nobiliare, né in via amministrativa, né in via giudiziaria.